In questa puntata di gennaio della newsletter, vi avevo chiesto di condividere la vostra storia.
Ecco, perdonate il ritardo, perdonatemi se non ho ancora risposto a ognuno, ma finalmente le ho lette tutte!
Grazie per aver condiviso qualcosa di voi, chilometri, emozioni, storie di vita.
Un po’ alla volta inizierò a condividerne alcune.
Partendo oggi da quella di Jonathan.
Caro Andrea,
ho esitato un po' prima di scrivere queste righe. C’è sempre il timore che le nostre storie, quelle di uomini comuni, non siano all’altezza di quelle che racconti nella tua newsletter. Ma poi ho pensato: quante volte mi sono riconosciuto nelle storie che ho letto? Quante volte quel figlio in cerca di riscatto ero io? Quante volte ho provato la stessa fatica per scalare una montagna tanto desiderata?
E allora mi sono convinto: non siamo così comuni, e sì, possiamo ispirare, perché apparteniamo a quel gruppo di sognatori, corridori appassionati e cacciatori di tramonti.
La mia storia è un viaggio di dieci anni, stupendo e faticoso, con alti vertiginosi e bassi profondi. Dieci anni in cui la corsa è entrata prepotentemente nella mia vita, spingendomi a superare ogni limite, fino a correre i 120 km della LUT a Cortina, due volte. Riassumere tutto in poche righe è arduo, ma ci provo. Lo sappiamo: chi corre, soprattutto ultramaratone in montagna, ha qualcosa di “rotto” dentro. E, come diceva Leonard Cohen, “C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce”. Il mio viaggio è stato proprio questo: permettere alla luce di entrare, irradiarsi e poi riflettersi nel mondo.
Dieci anni fa non correvo sul serio. Facevo qualche gara vicino a casa, esploravo timidamente sentieri e montagne in Val di Fiemme, e mi avvicinavo allo yoga. Poi qualcosa è cambiato: la pratica del respiro e la connessione consapevole con il corpo hanno risvegliato paure, ma anche sogni e desideri. Con ritrovata energia ho iniziato a sfidarmi, partendo da gare di 20 km. Da allora Cortina e la LUT sono diventati il mio obiettivo annuale, il luogo dove alzare l’asticella. Ogni gara ha portato emozioni nuove: gioia, frustrazione, curiosità, ma soprattutto la certezza di essere lì per qualcosa di più profondo del miglior tempo. Quei sentieri sono diventati i miei alleati, il luogo dove il respiro dello yoga si è trasformato in una potente arma per andare sempre oltre: 20, 50, 80, fino a 120 km.
Più corri, più scavi dentro di te. Da ragazzo, scrivendo di tramonti su un blog di viaggi, dicevo: “Una volta che hai viaggiato dentro centinaia di tramonti, vuoi che continuino in eterno per tenere lontano il buio.” Quanta verità c’era in quelle parole. Chilometro dopo chilometro, la corsa mi ha fatto esplorare non solo il mondo esterno, ma anche il mio mondo interiore. Yoga e corsa si sono unite per permettere alla luce di filtrare e tenere a bada il buio nascosto dentro.
Tra i tanti successi, il più significativo è stato il mio DNF alla LUT del 2024. Il corpo è una macchina complessa, e va rispettato. Quell’anno puntavo a chiudere in meno di 24 ore, ma dopo una notte corsa benissimo, a 70 km il corpo ha detto: “Basta.” Dolori ai piedi e alle ginocchia mi hanno fermato. Ho lasciato la base vita di Malga Ra Stua con un sorriso enorme, consapevole di aver superato la mia sfida personale. Il resto del percorso l’avevo già corso l’anno precedente, ed era stato stupendo.
In questi dieci anni la vita mi ha messo alla prova molte volte. Ho perso persone care, alcune proprio sulle montagne che amo, e per questo rispetto ogni sentiero e ogni gara. Sono convinto che il rispetto – per noi stessi, per gli altri e per la natura – sia la chiave del successo personale. Se siamo centrati, umili e consapevoli dei nostri limiti, possiamo accogliere gli altri e affrontare insieme le sfide della vita.
La connessione e l’energia che trovo nello yoga le porto sui sentieri. Sembra un pensiero da pazzi, ma la montagna ascolta e risponde. E non c’è niente di più magico di sentirsi un tutt’uno con ciò che ti circonda: la fatica svanisce, il cielo entra negli occhi, i torrenti scorrono come sangue nelle vene, e la luce illumina ogni cosa.
Grazie, Andrea, per lo spazio che crei ogni giorno. È così che la luce si diffonde, rendendo il mondo un posto migliore.
alla prossima,
Andrea
"La connessione e l’energia che trovo nello yoga le porto sui sentieri. Sembra un pensiero da pazzi, ma la montagna ascolta e risponde. E non c’è niente di più magico di sentirsi un tutt’uno con ciò che ti circonda: la fatica svanisce, il cielo entra negli occhi, i torrenti scorrono come sangue nelle vene, e la luce illumina ogni cosa." Meravigliosa, condivido al 100%... Grazie
siamo un tutt'uno, la separazione è solo ad opera della mente e dei pensieri che crea