Ghemon è il nome d’arte di Giovanni Luca Picariello, rapper e cantautore italiano.
Come ha raccontato in una puntata di Fuorisoglia, si è avvicinato alla corsa diversi anni fa correndo in gruppo.
Ma per molti anni è stato incostante. Ci andava quando poteva. Quasi malvolentieri.
«..uscendo per una corsa di 20 minuti la mia attenzione era su tutti gli aspetti fastidiosissimi di correre: mi fa male qui, che fatica, ma perché sono uscito, sono troppo lento.»
Poi qualcosa in lui è cambiato. Ha allungato i percorsi, ha iniziato a concentrarsi meno sulla fatica. A pensare ad altro.
Trasferendo la disciplina del running anche nel suo lavoro artistico.
La corsa negli anni è diventata una passione che lo ha portato a correre la maratona di New York, e quest’anno a collaborare con il brand svizzero On.
«C’è un filo invisibile che ci lega alle cose che ci appassionano. Per me, quel filo è il “senso di comunità”: trovarsi in un gruppo di persone sì diverse, ma che provano la tua stessa emozione, quella scintilla iniziale che ti fa sognare e sudare, che ti fa mettere in gioco e sperare, sfidarti e sfidare. È stato così con l’hip hop e la pallacanestro mentre crescevo, e oggi quel senso di appartenenza alla stessa “cosa” lo ritrovo anche nella corsa e nella stand-up comedy. Ognuno ha il suo ritmo e il suo percorso, ma le comunità, le sottoculture e le nicchie servono a darci i valori che ci faranno andare in giro per il mondo con le gambe più forti ma che, durante la corsa, ci permetteranno di riconoscerci senza neanche il bisogno di conoscerci.»
buon weekend e alla prossima,
Andrea
Vi lascio 2 contenuti con Ghemon protagonista:
L'amalgama tra le persone di un gruppo avviene a diversi livelli, quello della conoscenza è uno step ma è a livello superficiale, che ricalca un meccanismo usuale.
La profondità la si raggiunge condividendo momenti di gioco, attività che ingaggino agonismo, voglia di mettercela tutta, e anche attraverso momenti rilassanti e silenziosi, i più disparati ma anche quelli che non ci saremmo mai aspettati.
Concordo con quanto detto da Ghemon e riproposto da te.
Leggevo qualche giorno fa un post di Runnersworld l'intervista al presidente Fidal. Beh, non ho letto davvero l'intervista, ma i commenti, come al solito litigiosi, sotto all'articolo.
Scorrendo, quelli che mi hanno colpito di più è l'inutilità delle società sportive.
Beh, nella situazione in cui mi trovo ora, far parte di un team è stata una delle esperienze più belle in assoluto. Ripetute in pista, uscite serali di trail, allenamenti di gruppo ed ovviamente tante belle amicizie. Ovvio, la società deve essere numerosa, devi interagire, devi partecipare.
E per me questo è il lato più bello di questo sport, uno sport individuale dove fare comunità.
Riconoscerci, senza il bisogno di conoscerci, per poi, eventualmente, approfondire questa consocenza.