Asela è un piccolo villaggio contadino nel cuore dell’Etiopia, a diverse centinaia di chilometri dalla capitale Addis Abeba.
In una fattoria, sotto un tetto di paglia, assieme al padre pastore e ai nove fratelli è cresciuto un bambino chiamato Haile.
Per andare a scuola doveva percorrere ogni giorno dieci chilometri a piedi.
10.000 metri. Una distanza che tornerà spesso nella sua vita.
Il piccolo Haile però, a scuola, non ci andava camminando. Correva a piedi scalzi, tenendo i libri stretti al torace.
Lo ha fatto talmente tante volte nella sua vita che anche da grande, la sua postura mentre corre è rimasta identica. Con la mano sinistra leggermente abbassata, ferma vicino al petto.
Con quella postura, diventata poi un marchio di fabbrica, Haile vinse la sua prima gara da ragazzino.
Lì scattò qualcosa nella sua testa: la corsa poteva essere un potente mezzo per uscire dalla povertà, e aiutare la sua famiglia.
Il resto è storia dello sport.
Haile Gebrselassie è divento un’icona del mezzofondo e della maratona, frantumando tutti i record possibili e immaginabili.
Vincendo Mondiali e Olimpiadi nel periodo d’oro dei fortissimi fondisti kenioti.
Dopo essersi ritirato come atleta professionista, Haile ha dedicato anima e corpo allo sviluppo del suo paese. Ha supportato la costruzione di scuole, creato cultura nello sport, mettendo a disposizione delle giovani generazioni, formazione e ispirazione.
Con un punto di riferimento sempre chiaro: Nelson Mandela.
Ancora oggi quando torna nel suo villaggio, non manca mai di ripetere a ogni ragazzo:
«Puoi sempre far qualcosa, anche se vieni dall’angolo più povero dell’Africa»
ps. la sua storia ricorda il viaggio dell’eroe di cui parlavamo ieri, no?
Buon weekend e alla prossima,
Andrea
Commovente
eroe ed esempio di umiltà veramente!