Primo boom.
Negli anni ’70 la corsa è un’ attività “strana”, riservata a uomini bianchi e magri, in pantaloncini corti, ispirati dai primi eroi del running come Steve Prefontaine, Frank Shorter, Bill Rodgers.
Diventa un simbolo di libertà individuale, all’interno di una società in cambiamento.
L’uscita del libro “Jogging” di Bill Bowerman (co-fondatore di Nike) la fa conoscere a milioni di persone come pratica salutare.
Arrivano le prime scarpe tecniche (Nike, Adidas, New Balance) e le prime maratone popolari (New York nel 1970, Londra nel 1981).
Secondo boom.
La seconda ondata arriva dopo il record mondiale di Paula Radcliffe nel 2003, seguita dall'esplosione di eventi gratuiti e popolari come parkrun.
Nella società cresce il focus delle persone su benessere e salute.
Correre non è più solo una sfida, ma uno stile di vita.
I brand iniziano a produrre abbigliamento tecnico differenziato, inclusivo, meno focalizzato sulla performance.
Il running diventa uno sport meno elitario, aperto a chi corre per stare bene, aumentano le donne, crescono le maratone cittadine, nascono le prime community online.
Terzo boom: oggi.
Dopo la pandemia in molti si avvicinano alla corsa, alla ricerca di benessere psicofisico.
La corsa diventa una soluzione adatta a tutti.
Un cambiamento più culturale che sportivo.
Le persone che corrono in maniera “amatoriale” in giro per le città non si vergognano più di farlo, adesso correre è anche cool.
Anche grazie a molti contenuti sui social e campagne di comunicazione dei brand, la corsa diventa esempio di inclusività, di sport che abbatte le barriere fisiche e anche sociali.
Correre diventa anche un modo per esprimere identità, raccontarsi, far parte di una cultura.
Domanda: questa terza ondata sarà passeggera? Cosa ne pensate?
alla prossima,
Andrea
La pademia ha cambiato molte abitudini. Molti sono usciti più per prendere una boccata d'aria e muoversi all'esterno delle 4 mura e si sono accorti del piacere di farlo.
PS considero i social mezzi stupidi per farsi ispirare. Sono pochissimi quelli che la vivono e si vede dai loro racconti non sempre fighissimi, non sempre al 110%
Grazie mille, io penso che se non vogliamo che fosse solo passeggera dobbiamo impegnarci di più anche noi a trasmettere quello che è la corsa intesa come stile di vita 😉.