Fin da piccoli ci piacciono le storie.
Ci rassicurano e ci aiutano a capire meglio il mondo.
Ci immedesimiamo nei protagonisti, nelle loro sfide.
Ci lasciamo ispirare dalle vittorie dei supereroi.
Quando cresciamo continuiamo ad amare i racconti. Solitamente i più apprezzati sono quelli di trasformazione e rinascita.
Dove il protagonista di fronte a un evento negativo, un’ingiustizia, un problema di salute, un fallimento, riesce a rovesciare le sorti e a superare l’ostacolo.
Abbiamo a disposizione centinaia di libri, film, documentari in grado di regalarci ispirazione, speranza, coraggio.
Imprese straordinarie di cui non siamo però in grado di percepire completamente la sofferenza fisica e psicologica di chi le affronta.
Imprese che dall’esterno ci appaiono spesso affascinanti.
La crisi di un atleta durante una gara di resistenza, vista dal divano di casa, ha un percepito completamente diverso.
Diventa un prodotto di intrattenimento come un altro. Parte di una narrazione che crea suspense nel pubblico.
Ci tiene incollati allo schermo.
Ma quando invece i protagonisti siamo noi?
Nello sport, nella vita privata, chi sta affrontando un momento critico vorrebbe solo uscirne vivo al più presto.
A cosa ci si può aggrappare in quei momenti?
Forse al pensiero che non sarà una situazione infinita.
Come racconta lo scrittore e maratoneta giapponese Haruki Murakami nel suo libro “Kafka sulla spiaggia”, prima o poi uscirai anche tu dalla tempesta.
«Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.»
alla prossima,
Andrea
35° giorno di ospedale aspettando il trapianto di fegato e sognando il lungo ma, senza dubbio, bellissimo cammino che mi attende per tornare in forma e riprendere in mano la mia vita! La newsletter di oggi casca proprio a fagiolo🤎
Entrare ed uscire dalle tempeste ormai ci ho fatto il callo. Ma non come rassegnazione, ma come continua crescita personale. Tra quattro giorni ho Berlino e sto uscendo da un infortunio.Quindi riadattamento dei progetti iniziali.
Quando entro nella tempesta vado a cercare il nuovo che non ho ancora visto, l'ennesimo frammento di lezione che non ho ancora appreso.
Ma nel post c'è un'altra cosa che mi affascina, ma realmente difficile. Far percepire a chi sta sul divano, che sia atleta o sedentario, le emozioni vissute durante una impresa.